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Oli vegetali esausti

Ogni anno in Italia vengono immessi al consumo 1,4 milioni di tonnellate di olio vegetale (come olio commestibile o come ingrediente presente in altri cibi) per un consumo medio pro capite di circa 25Kg. Di questa quanti­tà si stima un residuo non utilizzato pari al 20%, che corrisponde a più di 280.000 tonnellate di olio vegetale esausto, presente in gran parte sot­to forma di residuo di fritture. Dalle stime più recenti si evince che circa 65.000 tonnellate di olio esausto viene prodotto dalla ristorazione (ristoranti, bar, alberghi), 45.000 tonnellate dalle attività commerciali e industriali (friggitorie, laboratori di rosticcerie, ristorazione industriale) e le restanti 170.000 tonnellate da consumi domestici nelle abitazioni.

Il rifiuto olio e grasso commestibile, indicato con il codice CER 200125, non è considerato nocivo per la salute umana, ma è potenzialmente dannoso per gli ecosistemi se smaltito in maniera non corretta.

L’olio vegetale e di frittura diviene un rifiuto quando a seguito del suo utilizzo subisce un processo di ossidazione, assorbendo le sostanze inquinanti della carbonizzazione dei residui dei cibi in esso cotti o fritti, da qui il termine “esausto”, ovvero non più utilizzabile a causa della perdita delle sue principali caratteristiche organolettiche.

I produttori industriali di olio vegetale esausto devono attenersi all’ob­bligo di raccolta, recupero e riciclaggio degli oli e grassi vegetali e animali usati (D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152), però solo una piccola parte di tale olio viene raccolta e smaltita in maniera adeguata, soprattutto a causa della scarsa conoscenza, soprattutto dei cittadini che faticano a percepirlo come un rifiuto.

Lo smaltimento non corretto dell’olio vegetale esausto può produrre:

• il malfunzionamento degli impianti di depurazione delle acque;

• l’inquinamento del suolo;

• l’inquinamento freatico, con un impatto sui pozzi di acqua potabile;

• l’incremento dei costi globali per l’impianto di depurazione delle ac­que;

• l’inquinamento di fiumi, mari e bacini idrici.

Proprio quest’ultimo effetto nocivo è tra i più aggressivi per l’ambiente: l’olio esausto crea una superficiale pellicola che impedisce l’ossigenazione dell’acqua e compromette l’esistenza di flora e fauna. In più, l’olio esausto ostacola la penetrazione in profondità dei raggi solari danneggiando drasticamente l’ambiente marino e la vita in acqua. Basta infatti un kg di olio vegetale esausto a inquinare una superficie d’acqua di 1.000 m2. Se invece smaltiti nella rete fognaria, come spesso avviene nell’utilizzo domestico, gli oli vegetali esausti pregiudicano il buon funzionamento della rete stessa intasando condutture e depuratori.

Una volta raccolto, l’olio vegetale esausto è utilizzato per produrre bio­diesel o altri materiali: secondo il Decreto Ministeriale n. 186 del 5 febbraio 1998 e successive modifiche, quest’olio è utilizzabile per attività e prodotti di recupero come l’industria saponiera, i tensioattivi (con l’uso della glicerina prodotta dalla reazione chimica at­traverso la quale si arriva comunque al biodiesel), i materiali grassi e i prodotti per l’edilizia, tramite un processo chimico chiamato “rigenerazione”.

Basti pensare che mediante 100 kg di olio esausto si possono ricavare circa 65 kg di olio lubrificante base rigenerato (circa il 25% del mercato complessivo degli oli base lubrificanti è costituito da basi rigenerate) e 20/25 gr di biodiesel. In caso di qualità dell’olio scarsa o contaminata da agenti esterni, il liquido organico viene eliminato tramite un processo di termodistruzione. E’ quindi opportuno non miscelare l’olio vegetale ad altri oli, specialmente con quelli minerali destinati ai motori.

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Fonti:

  • CONOE, Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti
  • CONOU, Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Usati
  • Progetto Europeo RECOIL www.recoveringoil.eu
  • Ministero della Salute